Piacenza

I rosé? Sono grandi vini: ecco il nostro viaggio tra le bottiglie made in Piacenza

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Quante occasioni di gusto perdiamo se non mettiamo i vini rosati  – o rosé, dato che loro principale patria è la Francia – sotto la giusta luce!

Per farlo premetto di non parlarne oggi solo perché la primavera è tecnicamente iniziata, il cambio dei menù, spiagge e pesce in tavola, invitano a virare anche nella scelta dei vini. I rosati infatti – quelli ben realizzati – possono essere compagni fidati dei menù di tutto l’anno: si pensi che in oltralpe sono i prediletti nelle Festività natalizie! Come con bianchi e rossi, insomma, non confiniamo una tipologia enologica così importante alla sola bella stagione.

Quella dei rosé poi è eccellenza, non tendenza modaiola, che comunque da noi non avrebbe mai sfondato: negli champagne più blasonati, per esempio, la versione rosé ha prezzi molto più elevati della vinificata in bianco.

Sicuramente incide la tecnica di produzione – la vinificazione in rosé, appunto – per la quale occorre grande attenzione, in vendemmia e in cantina, e capacità di intervenire nel momento perfetto in cui è massima l’estrazione di pigmento e aromi varietali senza arrivare a quelli meno piacevoli.

C’è rosé e rosé

Molti li credono essere l’assemblaggio di vino bianco e rosso (cosa che non si può fare: unica eccezione per le cuvées degli spumanti rosati che possono essere ottenute anche unendo vini base bianchi e rossi): in realtà i sistemi per la loro produzione sono altri e molteplici.

Il più comune prevede una breve macerazione delle vinacce di uve rosse nella parte liquida del mosto (come avviene per i rossi seppur con tempi ben più lunghi) in modo che solo una piccola frazione delle sostanze coloranti e dei tannini venga ceduta al vino. La durata della macerazione svolge la parte preponderante per determinare le caratteristiche del vino ottenuto, in particolare intensità della colorazione e struttura.

Alternativa è pigiare uve a bacca nera poco pigmentate oppure a bacca grigia. Infine si può ricorrere a miscelare in uvaggio uve a bacca bianca e a bacca nera.

Appunti di assaggio

A dispetto del colore, sono vini che hanno caratteristiche più vicine ai bianchi che non ai rossi, a partire dall’astringenza in bocca, praticamente assente; nelle zone del Piacentino, con eccezioni, danno il loro meglio in gioventù, quando sono premiate le loro belle tonalità, i profumi delicati e fragranti, la freschezza e croccantezza dei sapori. Come però avviene anche per i bianchi, non mancano bellissimi rosati valorizzati da un certo invecchiamento.

La tonalità, che dice di più sulla tecnica di vinificazione che non sulle uve di partenza, va dal gris al giallo-aranciato passando anche per rosa cerasuolo e buccia di cipolla. Al naso profumi inebrianti dove tendenzialmente prevale frutta rossa con lampone, fragoline di bosco, ribes, ciliegia, talvolta frutta esotica e spezie.

Quando stapparli?

I rosé hanno una dignità tutta loro e in molti casi sono versatili negli abbinamenti: questi vanno sempre estesi considerando vini bianchi, rosati e rossi, ricordiamolo!

I rosati più freschi, leggeri e di minor struttura, che sono la predominanza nel nord Italia, permettono abbinamenti simili a quelli dei bianchi strutturati, adattandosi perfettamente dall’aperitivo ai piatti di pesce d’acqua dolce e di mare, crostacei e frutti di mare, antipasti, pasta, riso; ma anche alcuni salumi e carni bianche. Ottimi anche con verdure grigliate e piatti tipici della cucina mediterranea.

Non mancano interessanti vini di medio corpo con tannini e polifenoli contenuti, adatti ad abbinamenti più arditi, diversamente terreno di vini rossi anche strutturati.

Ci sono poi straordinari spumanti, ideali per un brindisi e numerosi abbinamenti gastronomici… financo per la pizza, magari con verdure grigliate.

Rosati piacentini: alcune proposte

Anche Piacenza ha saputo proporre numerosi rosati: eccone qualcuno che mi sento di suggerire senza voler essere esaustivo.

Non posso non partire da Torre Fornello con Enrico Primo Rosé Pas Dosé; 100% uve Pinot Nero che passano 44 mesi sui lieviti per presentarsi nel calice di uno smagliante rosa tenue, naso elegante, assaggio fresco e lungo finale sapido. Proviamolo con una tartare di scampi.

Sempre in vetta cito On attend les invités, lo straordinario Metodo Classico di Luretta: Brut, anch’esso da Pinot Nero in purezza che si presenta oro rosa con finissimo perlage. Naso complesso ed elegante e un sorso delicato ma ricco: con petto d’anatra laccato al miele è meraviglioso.

Di Romagnoli abbiamo già parlato ma mai per questo vino: il Pigro Brut Rosè. 36 mesi sui lieviti offrono sentori floreali e fruttati con richiami di pane al latte, glicine e mandarino; sorso lungo e sapido. Da provare con tortelli di branzino con salsa d’astice.

Una bella Cantina della Val Chiavenna: la Camorali Pierluigi con Iria, il suo Extra Brut Rosato. Un Metodo Classico dinamico, fragrante e cremoso.

Da sorseggiare anche il florealissimo Pinot Nero Metodo Classico di Lusenti: elegante Nature che fa affinamento a contatto con i lieviti per almeno 48 mesi e in bottiglia altri due o tre.

Lady Giò, Metodo Classico Brut di Podere Pavolini da Pinot Nero:  perché no con filetto di tonno scottato in padella e guarnizione di cipolle di Tropea?

Tra gli spumanti metodo Charmat va provato 1937, dell’Azienda Agricola Santa Giustina: un’originale Barbera, Pinot Nero e Croatina per un vino ricco di sfumature aromatiche, fresco e beverino.

E poi Can da la Bissa, lo spumante millesimato di Musetti. Malvasia, Ortrugo, Barbera e Bonarda della Val Trebbia per un vino di bona verticalità, che privilegia aspetti fruttati e immediati: lo berrei con un fritto di pesce.

Chiudo segnalando anche un rosato da Pinot Grigio: Colli Piacentini Pinot Grigio Frizzante Rosé Il Tresengo di Zerioli, dal profumo delicato, fresco, vellutato e dal caratteristico sapore asciutto e secco.




















 

Sante Lancerio
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