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Parlamento europeo: il Qatargate ne farà ripensare ruolo e significato?

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Parlamento Europeo: il Qatargate ne farà ripensare il ruolo e le stesse ragioni? È una domanda che sentiamo di farci, indipendentemente dagli sviluppi che avrà l’inchiesta belga sui presunti casi di corruzione, nell’ambito dei rapporti dell’Unione europea con gli Stati emergenti del mondo arabo.

La questione sembrerà meno appassionante di sapere quanti sacchi di soldi nascondevano in casa eurodeputati in carica ed ex, passati a fare i lobbisti per conto delle monarchie dei petroldollari. E deluderà forse chi, tifoso accanito dell’infinito scontro tra guelfi e ghibellini, si aspetta di sentire parlare delle colpe della sinistra, a mo’ di rivincita della destra. Solo una parola, a questo proposito: è chiaro come diffondere il mito della diversità (cioè, della superiorità) morale di qualcuno metta questo qualcuno a rischio di diventare la copertura ideale di diverse malefatte. La sinistra italiana tardo-comunista e post-comunista ha commesso ampiamente quest’errore: non è detto sia disposta ad emendarsi, la tendenza comunque è in evoluzione. E ora, veniamo all’istituzione di Strasburgo.

È davvero un Parlamento?

La nostra tesi è presto detta. Se e fintantoché l’Unione europea non dovesse diventare uno Stato federale (come gli Usa, per intenderci), non ha molto senso che essa abbia un’istituzione parlamentare. Infatti, se l’Ue non è uno Stato, un’assemblea, ancorché grande ed elettiva, che agisce nell’ambito della sua cornice, non è propriamente un Parlamento. Basta la volontà a trasformarla in questo? 

C’è da dire che, da quando è stata eletta per la prima volta a suffragio universale dai cittadini degli Stati appartenenti all’allora Cee (1979), l’assemblea di Strasburgo ha fatto parecchia strada, istituzionalmente parlando. Oggi, sotto il vigore del Trattato di Lisbona (2009), essa è la prima istituzione dell’Ue nell’ordine delle precedenze. Soprattutto, però, la sua competenza legislativa (quella che più di qualsiasi altra consente di assimilarla ai Parlamenti contemporanei) si è considerevolmente ampliata.

Gli ambiti di codecisione con il Consiglio Ue (precedentemente limitati ad ambiente, trasporti, mercato interno, occupazione e politiche sociali, istruzione, salute pubblica e protezione dei consumatori) comprendono ora anche agricoltura e pesca, sostegno alle regioni più povere, sicurezza e giustizia, commercio, cooperazione extraeuropea e atti di esecuzione. Oltre alla potestà legislativa, il Parlamento Ue vanta il potere di approvazione degli accordi internazionali e del bilancio comunitario. Ha pure la competenza dell’elezione del presidente della Commissione europea, nonché la facoltà di fare decadere corporativamente i commissari di quest’ultima, approvando una mozione di censura, a maggioranza dei 2/3 dei suoi componenti.

Organo di Stati e organi di individui

Che cos’è la codecisione? È la condivisione della competenza legislativa tra Parlamento e Consiglio europeo. Le istituzioni dell’Unione si giocano tutte sul binomio organo di Stati (appunto, il Consiglio dei capi di Stato e di governo) – organi di individui (Parlamento e Commissione). Organo di Stati è quello i cui componenti vi siedono a titolo di rappresentanza delle rispettive nazioni di appartenenza. Organi di individui sono quelli i cui membri ne fanno parte a titolo personale. Ovviamente, la prevalenza degli organi di individui segnala l’allontanamento dell’Unione dalle origini intergovernative e l’avvicinamento a prospettive federali, peraltro tuttora sostanzialmente chimeriche. 

Il Parlamento dell’Unione, insomma, è privo sia della facoltà dell’iniziativa legislativa, riservata alla Commissione, sia della competenza legislativa esclusiva, che deve condividere con il Consiglio. Con quest’ultimo, l’assemblea di Strasburgo si trova un po’ come le Camere piemontesi e poi dell’Italia unita con i Re di casa Savoia: il Sovrano aveva il potere di sanzione, cioè condivideva con Camera e Senato la potestà legislativa. Per quanto riguarda l’iniziativa, anche se formalmente non è previsto, è ormai invalso nella prassi politica che la Commissione accetti di esercitare l’iniziativa normativa su proposta del Parlamento. Mentre la codecisione è assurta anche formalmente al rango di procedura legislativa ordinaria.

Parlamento europeo, ma…

Un altro punto critico della natura parlamentare, rivendicata dall’assemblea di Strasburgo, è la modalità di elezione dei suoi membri. In origine (Assemblea comune della Ceca, Assemblea parlamentare della Cee), l’elezione indiretta di parlamentari nazionali, chiamati dai loro Parlamenti a comporre (in costanza del doppio mandato) un consesso essenzialmente consultivo, sarà stata meno entusiasmante, ma aveva almeno il pregio della coerenza con l’assetto intergovernativo dell’Europa. L’elezione a suffragio universale, in essere da 43 anni, non può menare lo stesso vanto.

È stato speso molto fiato sull’elezione diretta, esaltando il Parlamento come unica istituzione democratica europea. Le contraddizioni, però, sono un’altra storia. Strasburgo, per essere il parlamento europeo, dovrebbe essere eletto su base europea. Invece, ogni Paese elegge i propri eurodeputati. Infatti, le elezioni europee sono tali solo di nome, perché di fatto sono delle classicissime elezioni nazionali proporzionali, solo con il consenso espresso un po’ più alla leggera. In Italia, il senatore di Firenze Matteo Renzi parla ancora, a volte, del 40% riportato dall’allora suo Pd alle elezioni europee del 2014. Come se non sapesse che se lo vide tributato anche da elettori che, in una consultazione nazionale, piuttosto che votarlo si sarebbero senz’altro astenuti.

Il carro davanti ai buoi

In conclusione, non vorremmo che il Parlamento europeo, come la moneta unica, sia il classico «carro messo davanti ai buoi» dell’adagio popolare. Si vorrebbe, da parte non di tutti ma di alcuni, un’Europa federale e, anziché interrogarsi se ciò sia possibile e, subordinatamente, anche auspicabile, si forza l’introduzione di strutture, procedure e apparati propri di uno Stato federale, che ancora non c’è. L’illusione, autentica o meno, è che possa pagare la politica del fatto compiuto. Il problema è che il fatto non solo non è compiuto, ma neanche si compie.

Nel frattempo, le strutture e gli apparati s’ingrandiscono, sino a diventare mastodontici. E controllarli o, per meglio dire, mantenerli in condizione di controllarsi, diventa sempre più difficile. Anche perché, come qualsiasi altro apparato, anche quello comunitario tende a ripiegarsi su se stesso, auto-alimentarsi e, soprattutto, conservarsi. Conserva tutto: bene e male. Oggi, gli inquirenti belgi (competenti territorialmente, perché il Parlamento europeo ha doppia residenza, oltre a Strasburgo c’è anche Bruxelles) cercano di rimuovere un po’ di questo male. Si sa, però, che agire a monte è meglio che intervenire a valle. Nel caso dell’Europa, i guai del Parlamento sono una spia di pericolo che lampeggia.

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Corrado Cavallotti è laureato con lode in Giurisprudenza all’Università Cattolica. Ha vinto il Premio Gemelli 2012 per il miglior laureato 2010 della Facoltà di Giurisprudenza di Piacenza. Ama la storia, la politica ed è appassionato di Chiesa. Scrive brevi saggi e collabora con il periodico Vita Nostra.

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