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Maternità surrogata “reato universale” per l’Italia: è una scelta giusta?

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La maternità surrogata o gestazione per altri (Gpa), più crudamente detta utero in affitto, diventa “reato universale”… per l’Italia. La notizia, in ciò in cui consiste, rappresenta già la spia di una non modesta contraddizione. Le polemiche, come sempre quando si tratta di tematiche eticamente sensibili, divampano e la battaglia da politica si farà presto giurisprudenziale. Sino a che, presto (probabilmente) o tardi, la questione verrà rimessa alla Corte costituzionale, con esiti la cui prognosi non sembra troppo favorevole alla legge definitivamente approvata dal Senato mercoledì scorso.

Diremo perché c’è il rischio che la norma appena varata dalla maggioranza di centrodestra venga bocciata dalla Consulta, su proposta (o meglio, dietro istigazione) della Magistratura. Prima, però, dobbiamo capire cosa voglia dire l’espressione “reato universale”. E poi cercheremo di spiegare in che senso ci appaia preferibile percorrere una strada diversa, che è quella della sensibilizzazione culturale sul tema della maternità surrogata.

Un’espressione di comodo

Cominciamo precisando che “reato universale” è un’espressione a metà tra due slang, il politichese e il giornalistico. La formula fa pensare ad illeciti perseguibili ovunque nel mondo in ragione della loro gravità. I due caratteri della generale perseguibilità e dell’assoluta gravità sono interdipendenti, nel senso che il secondo sembra implicare necessariamente il primo e quest’ultimo pare giustificarsi solo alla luce dell’altro. In effetti, se dovesse mancare il diffuso consenso circa la gravità del comportamento, anche l’universalità del perseguimento rischierebbe fortemente di restare solo sulla carta. Figuriamoci che tale rimane anche in certi casi di genocidio e crimini di guerra.

“Reato universale” non è una formula giuridica. Il tema, in diritto, è quello (ahinoi più noioso) della legge applicabile. Sin dove trova applicazione fisica la legge penale dello Stato italiano, cioè entro quali confini? Questi ultimi sono quelli nazionali terrestri, marittimi ed aerei e comprendono anche il sottosuolo. Navi e aerei battenti bandiera italiana si considerano territorio nazionale, così come qualsiasi altro luogo ovunque situato su cui si estenda la sovranità nazionale (ad esempio, le nostre ambasciate). Le disposizioni iniziali del Codice penale sono intese ad affermare che chiunque – italiano e straniero – nel territorio dello Stato (come definito sopra) commetta un reato, previsto come tale dalla legge penale italiana, è punito secondo la medesima legge italiana. È questo il principio generale di territorialità del diritto penale.

Punibili solo gli italiani

Poi, naturalmente, ci sono le eccezioni. Sono quelle in cui lo Stato italiano vuole esercitare la propria potestà punitiva fuori dal territorio nazionale, indipendentemente da qualunque legame fisico con esso. Si tratta della persecuzione di delitti contro la personalità dello Stato italiano e contro i pubblici ufficiali al suo servizio, dei delitti politici, nonché dei delitti più gravi (puniti con l’ergastolo o come minimo con 3 anni di reclusione) commessi da italiani all’estero. Si tratta, però, anche dei delitti più gravi commessi dagli stranieri all’estero in danno dello Stato e di cittadini italiani.

Alla prima di queste specie di eccezioni, si aggiunge oggi la nuova fattispecie delittuosa della maternità surrogata o Gpa. L’Italia non solo continua a vietarla sul territorio nazionale, ma d’ora in avanti si propone di reprimerla ove realizzata da cittadini italiani all’estero, anche in Stati nei quali la pratica non sia vietata.

Alla finestra

Ritorniamo all’inizio, quando ci eravamo avventurati in un giudizio prognostico negativo sul quasi certo scrutinio di costituzionalità di questa novità normativa. Il divieto di maternità surrogata in Italia era stato stabilito dalla famosa legge n.40/2004, quella che disciplina la fecondazione medicalmente assistita. Ebbene, la sorte di questa legge (ancorché mai abrogata e, dunque, tuttora in vigore) è stata quella di essere completamente riscritta dalla Consulta. La Corte costituzionale, con le sue sentenze manipolative, ha prodotto una normativa ispirata a valori opposti a quelli tenuti a mente e a cuore dal legislatore storico che le aveva dato vita originariamente. Ad esempio, mentre il testo approvato dalle Camere e promulgato dal presidente della Repubblica vietava il ricorso a gameti di soggetti esterni alla coppia, la Consulta l’ha ammesso.

Ora, a parte un discorso diverso (secondo noi non eludibile, benché in altre sedi) sul modo di intendere ed esercitare il proprio ruolo da parte della Corte costituzionale, non sembra difficile prevedere che un analogo intervento manipolativo di ribaltamento toccherà a quest’altra modifica della legge n.40. Sì, perché la pretesa nazionale di punire gli italiani che ricorrono all’estero alla maternità surrogata o Gpa consiste proprio in un’aggiunta al 6° comma dell’articolo 12 della legge 40: «Se i fatti di cui al periodo precedente, con riferimento alla surrogazione di maternità, sono commessi all’estero, il cittadino italiano è punito secondo la legge italiana».

Pensate che, per affermare la liceità della donazione di gameti (seme ed ovuli) da parte di soggetti terzi rispetto alla coppia, la Consulta negli anni scorsi ha stabilito che è illegittimo vietare in Italia ciò che è ammesso altrove, perché altrove non possono recarsi tutti ma solo quelli che se lo possono permettere economicamente. Prossimamente, non dirà forse che punire qui ciò che è stato compiuto lecitamente altrove sia irragionevole? Non diciamo affatto che lo sia, diciamo che il rischio che la Corte costituzionale lo affermi è elevato.

La mentalità è figlia della cultura e…

Perché siamo convinti che la strada del diritto non sia la migliore per affermare un principio pure condivisibile, come il carattere degradante dell’esternalizzazione della generazione e della gestazione, con o senza compensi esplicitamente o implicitamente pattuiti? Prima di tutto, perché la via del diritto finisce in tribunale e passando per il tribunale, in Italia, al giudice delle leggi, con gli esiti che sappiamo. In secondo luogo, ci sono dei problemi tecnici e questo indipendentemente dalla scure giudiziaria, già posta alla radice della legge. Con un sacco di Paesi in cui la surrogazione di maternità è semplicemente tollerata o addirittura disciplinata (sia in forma gratuita, sia più raramente in forma onerosa), la cooperazione repressiva estera è difficilmente ipotizzabile. E, comunque, i Paesi che rinunciano a punire non per questo estradano verso altri intenzionati a farlo.

C’è, però, un motivo più importante che rende preferibile insistere sul terreno della sensibilizzazione culturale per la maternità surrogata. Scambiare i desideri per diritti, negare che il più debole sia anche il più indifeso, volere un bambino “fatto” e non da portare in grembo: sono, questi, i frutti di una mentalità che si è diffusa presso di noi per ragioni socio-culturali ed economiche. Il diritto penale può esercitare una deterrenza, sarebbe meglio non venisse impiegato a scopi pedagogici, ma in ogni caso non toglie le castagne dal fuoco. Le società del benessere e del consumo disumanizzano? Se la risposta è affermativa, la via per emendarle non potrà essere solo, né principalmente quella penale.

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Corrado Cavallotti è laureato con lode in Giurisprudenza all’Università Cattolica. Ha vinto il Premio Gemelli 2012 per il miglior laureato 2010 della Facoltà di Giurisprudenza di Piacenza. Ama la storia, la politica ed è appassionato di Chiesa. Scrive brevi saggi e collabora con il periodico Vita Nostra.

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