Mario Draghi al centro dei giochi per gestire il Recovery Fund. E magari anche qualcosa d’altro dalle parti di Palazzo Chigi. Ma andiamo con ordine e vediamo che cosa sta succedendo. Partiamo da un sondaggio di Tecnè per l’agenzia Dire che ieri ha fatto un certo scalpore. Proprio mentre il mondo politico si sta accapigliando su chi debba mettere mano ai 209 miliardi di euro del Recovery Fund destinati all’Italia.
Il sondaggio
La domanda del rilevamento di Tecnè è diretta. “Secondo lei, chi deve guidare la cabina di regia che gestirà i 209 miliardi di euro che arriveranno dall’Europa: il capo del Governo Conte o una figura terza come Draghi?”. La risposta è altrettanto chiara: il 55,6% preferisce l’ex presidente della Banca centrale europea. Il 28,9% punta invece sul premier. Mentre il 15,5% non sa che cosa rispondere. Considerando i soli elettori dei partiti dell’attuale maggioranza, il 29,8% vuole comunque affidarsi a Draghi, e il 68,4% invece propende per Conte.
Nonostante quindi il presidente del Consiglio viaggi su un gradimento personale che secondo altri sondaggi è sopra il 50%, sulla gestione del Recovery Fund una netta maggioranza degli italiani preferirebbero un grande esperto come Draghi. Che tra l’altro, guarda caso, è tornato a parlare nelle stesse ore della crisi che stiamo vivendo a causa della pandemia di Coronavirus.
Il report di Draghi
L’ex governatore della Bce ha lanciato infatti un appello ai governi nella veste di co-presidente del G30, carica che condivide con Raghuram Rajan, ex governatore della Banca centrale indiana. Secondo Draghi, in base a un report sulla situazione economica e finanziaria che ha curato con Rajan, “le autorità devono agire urgentemente. In molti settori e Paesi siamo sull’orlo del precipizio in termini di solvibilità – specialmente per le piccole e medie imprese – con i programmi di sostegno in scadenza e il patrimonio esistente che viene eroso dalle perdite”. Per l’economista, “la realtà è molto più preoccupante di quanto possiamo stimare per il momento, perché il massiccio aiuto in termini di liquidità, e la vera e propria confusione causata dalla natura senza precedenti di questa crisi, ne stanno mascherando le vere dimensioni”.
Debito e crescita
Draghi ha approfondito il problema dell’utilizzo delle risorse in arrivo anche sul Corriere della sera. “La sostenibilità del debito pubblico in un certo Paese sarà giudicata sulla base della crescita e quindi anche di come verranno spese le risorse di Next Generation Eu”. Se saranno sprecate, “il debito alla fine diventerà insostenibile perché i progetti finanziati non produrranno crescita”. Invece, “se i tassi di rendimento dei progetti fossero elevati e tali da giustificare l’investimento pubblico, allora la crescita arriverebbe e diventerebbe il fattore decisivo per la sostenibilità del debito”.
Quel che bisogna valutare, nell’approntare i Recovery plan nazionali, “è se un progetto è utile o no. Se supera certi test che riguardano il suo tasso di rendimento sociale, come anche nell’istruzione o nel cambiamento climatico, oppure è semplicemente il frutto di una convenienza politica e di clientelismo”. Per Draghi, “questa è un’opportunità unica di investire in molti progetti di valore elevato. Se sono vecchi o nuovi non è importante, ciò che conta e molto è che il loro valore sociale sia dimostrabile”. Come? “Per esempio se aggiorna tecnologie obsolete, o se apre spazi produttivi in nuovi settori”.
Tre raccomandazioni
Tornando al report stilato con Rajan, Draghi e il collega indiano fanno in sostanza tre raccomandazioni. La prima è sostenere la solidità a lungo termine delle imprese, riducendo gli aiuti a pioggia e focalizzando gli interventi; la seconda è spingere su un utilizzo più produttivo delle risorse, anche affidandosi al settore privato per valutarne la redditività, garantendo gli obiettivi sociali e ambientali, ritenuti fondamentali in un’ottica di ripresa; la terza è irrobustire il sistema finanziario per prevenire eventuali danni collaterali che si potrebbero verificare.
Solo una coincidenza?
La tempistica degli eventi non può che far pensare. Da un lato, emerge un gradimento in crescita per Draghi che dopo l’addio alla Bce non è più sotto i riflettori quotidianamente. Dall’altro, se il grande tecnico viene visto bene dagli italiani soprattutto per gestire il Recovery Fund, è indubbio che le dichiarazioni di oggi, piaciute a molti, hanno il respiro di un programma ben più ampio, diciamo dal sapore politico.
Insomma, sarà solo una coincidenza? Oppure attorno a Draghi si sta preparando una nuova maggioranza, dentro e fuori dal Parlamento, per portarlo prima a Palazzo Chigi e poi al Quirinale?
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