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Agenzie di rating: il rischio di una valanga che può travolgere il governo e l’Italia

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Agenzie di rating: ne sentiremo parlare parecchio da qui alla fine di ottobre. In particolare di Standard and Poor’s (S&P) e di Moody’s. Perché la prima giudicherà il debito sovrano dell’Italia il 26 ottobre. E la seconda entro la fine del mese. Cosa significa? Che S&P e Moody’s esprimeranno un parere sullo stato di salute e le prospettive della nostra economia e sulla capacità dell’Italia di pagare i creditori, coloro che hanno in mano i nostri titoli di stato.

Se il loro giudizio, anche alla luce della manovra, sarà negativo, lo spread (il differenziale tra Btp italiani e Bund tedeschi decennali) potrebbe prendere il volo. Con l’effetto di aumentare i tassi di interesse a carico del nostro Paese. Quindi serviranno più soldi per pagare il servizio al debito, riducendo le risorse per fare quello che è previsto nel Def.
Ma potrebbe succedere anche qualcosa di peggiore. Vediamo perché, partendo dalle classifiche delle agenzie di rating e dalle conseguenze di queste valutazioni sui mercati finanziari e sulla Banca centrale europea.

Da tripla A a titolo spazzatura

Il giudizio più positivo espresso periodicamente dalle agenzie di rating sulle obbligazioni di Stati e grandi aziende è la mitica tripla A.
Paesi come la Germania, la Svizzera, l’Australia e il Canada si fregiano di questa “medaglia”. E sono considerati trai i più affidabili in assoluto. Chi investe nei loro titoli è sicurissimo di riavere i suoi soldi a scadenza. E quindi il tasso d’interesse che pagano queste obbligazioni è il più basso del mercato.

La classifica viene dipanata in modo leggermente diverso dalle varie agenzie di rating, che forniscono anche un outlook (una valutazione stabile/positiva/negativa sull’andamento futuro del Paese sotto osservazione). Ma alla fine c’è sempre la lettera C. Indica la categoria dei titoli più rischiosi, detti anche junk o titoli spazzatura. Sono le emissioni dei Paesi considerati sull’orlo della bancarotta. Il consiglio delle agenzie di rating è sempre di girare al largo. Chi li acquista specula sugli alti tassi d’interesse, ma rischia di perdere il capitale che ha investito.

Agenzie di rating: quanto pesano

Che piaccia o no, i giudizi espressi da S&P, Moody’s e anche da Fitch, la terza delle grandi agenzie di rating, pesano tantissimo sulle scelte dei mercati finanziari. Le polemiche abbondano da sempre, soprattutto sulla loro neutralità e sui loro assetti proprietari, ma se declassano dei titoli di stato già nella categoria speculativa per quel Paese sono dolori.
La corsa alla vendita dei titoli ne affossa il valore sul mercato e fa schizzare i tassi d’interesse anche delle nuove emissioni. Fondi comuni e Fondi pensione – in molti casi per statuto – se ne liberano e non ne acquistano più. Le banche e le aziende che ne hanno in pancia iscrivono le perdite a bilancio, indebolendosi. E anche i risparmiatori che hanno in portafoglio questi titoli di stato diventano più poveri.

L’effetto sulla Bce

Ma c’è di più. Le valutazioni delle agenzie di rating influenzano anche le scelte della Banca centrale europea. Da oltre 10 anni la Bce ha legato la sua disponibilità a sostenere il debito degli Stati membri ai loro giudizi. Cosa significa? Che se le valutazioni delle principali agenzie di rating fanno scendere i titoli di un Paese nella forchetta degli investimenti speculativi, la Bce chiude i rubinetti per tutelare il suo capitale fornito in modo proporzionale dagli Stati membri della Ue.

Quindi non compra più i titoli di questo Paese. Non presta soldi a chi vuole acquistarli e nemmeno a chi li offre in garanzia. Anche i titoli messi in cassaforte dalla Bce durante il quantitative easing (il piano di acquisti programmati che finirà a gennaio 2019) non vengono più ricomprati. A scadenza si scaricano sul mercato, facendo salire i tassi di rifinanziamento del debito pubblico del Paese in questione.

Agenzie di rating: il caso Italia

In questo quadro l’Italia non è messa bene. Già le valutazioni di S&P (BBB) e di Moody’s (Baa2) ci collocano nel rating medio-basso del livello investimenti. E scendere solo di due gradini significherebbe entrare in quella che viene definita “area di non investimento”: l’acquisto di titoli è considerato speculativo e quindi sconsigliato. Con tutte le conseguenze che abbiamo visto. Spread e tassi d’interesse alle stelle con il governo che dovrebbe affrontare una crisi finanziaria pesantissima per mettere in sicurezza i conti pubblici. Aziende, banche e risparmiatori più poveri, con meno soldi da spendere per investimenti, prestiti e consumi.

La mossa che potrebbe evitare un declassamento dell’Italia e questa valanga di problemi è sotto gli occhi di tutti. Aprire una vera trattativa con Bruxelles e rimettere mano a una manovra che suscita molte perplessità anche nel Paese, a partire dal reddito di cittadinanza. Avrà anche ragione Di Maio a dire che alle elezioni di maggio 2019 in Europa cambierà tutto e che questa Commissione Ue è al capolinea. Ma adesso è con lei che bisogna fare i conti e farli presto. Perché l’appuntamento con le agenzie di rating è dietro l’angolo. E i mercati non fanno prigionieri.

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Giovanni Volpi, giornalista professionista, è il direttore del Mio Giornale.net. Ha iniziato al Sole-24 Ore nel 1993. Dieci anni dopo è passato in Mondadori, a Tv Sorrisi e Canzoni, dove ha ricoperto anche il ruolo di vicedirettore. Ha diretto Guida Tv, TelePiù e 2Tv; sempre in Mondadori è stato vicedirettore di Grazia. Ha collaborato con il Gruppo Espresso come consulente editoriale e giornalistico dei quotidiani locali Finegil.

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