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Alzheimer: a che punto siamo in Italia e nel mondo

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Alzheimer dai numeri sempre più impressionanti. Le stime parlano di oltre 1.240.000 italiani affetti da una forma di demenza. E per uno su due la diagnosi è di Alzheimer. Sono malattie che comportano un costo di oltre 11 miliardi di euro di cui il 73% a carico delle famiglie. Demenza e Alzheimer non hanno confini dal punto di vista sociale, economico, etnico o geografico. Il risultato? Memoria, pensiero, ragionamento, linguaggio, orientamento e comportamento subiscono danni progressivi. Con conseguenze devastanti sulle funzioni cognitive, sotto il profilo della personalità e della vita di relazione. Come mai ne parliamo? Perché il 21 settembre è la XXIV Giornata mondiale dell’Alzheimer. E allora ecco il punto della situazione con qualche speranza in più rispetto al passato.

Il quadro mondiale

Nel mondo ci sono oltre 47 milioni di persone affette da una forma di demenza, mentre nel 2010 se ne stimavano 35 milioni. Una cifra che, secondo il Rapporto mondiale Alzheimer 2015, è destinata quasi a raddoppiare ogni 20 anni. I nuovi casi di demenza sono circa 10 milioni l’anno, vale a dire uno ogni 3 secondi. L’età media è di 78,8 anni. E in 6 casi su 10 si tratta di una donna. I costi economici e sociali della demenza ammontavano a oltre 818 miliardi di dollari nel 2015. E ci si aspetta che raggiungano 1.000 miliardi di dollari nel 2018.

Alzheimer: la ricerca di nuove terapie

Purtroppo per l’Alzheimer e le altre forme di demenza non c’è ancora una cura. “All’origine dell’Alzheimer ci sono l’accumulo in placche di una proteina neurotossica, la beta-amiloide, e gli ammassi neurofibrillari di proteina tau, che determinano la neurodegenerazione. Inoltre, questi accumuli causano una risposta immunitaria che crea un’infiammazione cerebrale cronica che, a sua volta, contribuisce ulteriormente al danno neurale”, ha spiegato a La Stampa il professor Carlo Ferrarese, direttore di NeuroMi dell’Università di Milano-Bicocca e della clinica neurologica dell’Ospedale San Gerardo di Monza. “La ricerca di nuove terapie sta perseguendo due vie. Quella di bloccare la proteina neurotossica beta-amiloide tramite farmaci che ne impediscono la produzione. E quella di rimuoverla con anticorpi, prima che si accumuli”.

Una grande scoperta italiana

Una chiave fondamentale per combattere la malattia e trovare una cura è la diagnosi precoce. E una recente scoperta italiana potrebbe dare una svolta alle cose. I ricercatori Marianna La Rocca e Nicola Amoroso, a capo di un team dell’Università di Bari, hanno compiuto uno studio che dimostra come un algoritmo sia capace di riscontrare la malattia 10 anni prima del manifestarsi dei sintomi. In sintesi, come ha spiegato La Rocca al settimanale New Scientist, l’algoritmo è in grado di individuare le caratteristiche dell’Alzheimer su una risonanza magnetica meglio di quanto finora sia stato possibile. Nell’84% dei casi infatti è riuscito a diagnosticare lo sviluppo della malattia in soggetti che ancora non ne erano affetti. E la medesima tecnica potrebbe essere utilizzata anche per altre patologie neurodegenerative come il morbo di Parkinson.

Alzheimer: l’assistenza ai malati

Anche sul fronte dell’assistenza ai malati le cose si stanno muovendo in modo concreto. Protagonista di queste iniziative è la Federazione Alzheimer italia. Da luglio 2016 è partito ad Abbiategrasso (Milano) il primo progetto in Italia di Dementia Friendly Community per creare una “Comunità amica delle persone con demenza“. E un anno dopo, altre sei cittadine hanno fatto richiesta di diventare Comunità Amiche. Si tratta di Giovinazzo (Bari), Val Pellice (Torino), Conegliano (Treviso), Scanzorosciate (Bergamo), Albino (Bergamo), Tradate (Varese). L’obiettivo è far partire anche da noi, come in Gran Bretagna, un percorso che consenta di aprire le città alle persone malate, per garantire loro dignità e qualità della vita. Come? Attraverso la costruzione di una rete sociale composta da associazioni, figure professionali e istituzioni, in grado di accogliere e coinvolgere le persone affette da demenza e le loro famiglie, superando isolamento, ignoranza e pregiudizi.

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Giovanni Volpi, giornalista professionista, è il direttore del Mio Giornale.net. Ha iniziato al Sole-24 Ore nel 1993. Dieci anni dopo è passato in Mondadori, a Tv Sorrisi e Canzoni, dove ha ricoperto anche il ruolo di vicedirettore. Ha diretto Guida Tv, TelePiù e 2Tv; sempre in Mondadori è stato vicedirettore di Grazia. Ha collaborato con il Gruppo Espresso come consulente editoriale e giornalistico dei quotidiani locali Finegil.

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