Pensioni: l’aumento del 7,3% contro l’inflazione, previsto a partire dal 2023, sembra una beffa. In uno slogan da Robin Hood all’incontrario, più soldi ai ricchi, meno ai poveri. Sia chiaro, per i pensionati sono comunque buone notizie, come sottolinea l’Agenzia Dire. Ma andiamo con ordine e vediamo cosa sta succedendo.
Da Draghi a Meloni
Il governo Draghi aveva deciso circa un anno fa di rivalutare le pensioni in ottica anti-inflazione. L’aumento dal prossimo anno sarà appunto del 7,3%. Dopo l’arrivo del governo Meloni, si poteva temere che il nuovo ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti non confermasse la rivalutazione. E invece il 9 novembre scorso ha dato il via libera alla misura.
Il meccanismo di calcolo, che porta nelle tasche dei pensionati circa una mensilità in più all’anno, prevede però aumenti molto diversi a seconda delle pensioni. La crescita degli assegni, come si legge in una simulazione dello Spi, il sindacato dei pensionati della Cgil, va da un minimo di 39 euro a un massimo di 171 euro, al netto dell’Irpef.
Progressività contenuta
Il calcolo si ispira a un criterio di progressività contenuta. Con le percentuali di recupero del reddito che variano tra assegni più alti e quelli più bassi. Il recupero per i più bassi è proporzionalmente più alto che per gli assegni più cospicui. La rivalutazione infatti è del 100% per le pensioni fino a quattro volte il trattamento minimo, del 90% da quattro a cinque volte e del 75% per quelle superiori a cinque volte.
Quindi, una progressività c’è. Ma la norma premia molto meno i redditi medio-bassi. Tra pensioni minime e pensioni a mille euro, che costituiscono il grosso di quelle italiane, gli aumenti vanno da 39 a 62 euro. Invece chi prende per esempio 2.215 euro al mese, l’anno prossimo si vedrà aumentare l’assegno di 129 euro, arrivando a 2.344 euro; mentre chi ne prende oggi 2.838 avrà un aumento addirittura di 171, arrivando a 3.009 euro.
Criteri da rivedere?
Insomma, l’effetto finale è veramente blando per i redditi bassi. Ed è un paradosso, perché si tratta di una misura contro l’inflazione, una tassa occulta che colpisce soprattutto i meno abbienti. Forse sarebbe il caso di modulare la curva degli aumenti in modo da dare più soldi alle pensioni che vanno dalle minime fino a mille euro, e tagliare la fetta riservata agli assegni più ricchi.
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