Economia

Economia italiana: altro che Bruxelles, se la ripresa non c’è, la colpa è solo nostra

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L’Economia italiana è sempre più in difficoltà e la ripresa si allontana. In più è arrivata anche la bocciatura di Bruxelles alla manovra del governo per deficit eccessivo. Ma il problema non è l’Europa. Per un momento lasciamo perdere i parametri della Ue e concentriamoci su di noi.

Pil ai minimi

L’aumento già scheletrico del Pil nell’ultimo trimestre si è fermato (l’Istat stima un +1,1% per l’intero 2018), complice un rallentamento del quadro economico mondiale. Vero, non potrebbe essere altrimenti. Viviamo soprattutto di esportazioni e il contraltare è un mercato interno dai consumi asfittici. Quindi se rallenta l’economia di chi compra il made in Italy sono guai. Se poi siamo tra i fornitori principali di altri grandi esportatori come la Germania è ancora peggio. Anche i tedeschi soffrono per la congiuntura in frenata? E allora per prima cosa riducono gli ordini di semilavorati e componentistica italiana, così per noi i danni raddoppiano.

Aziende senza ossigeno

Altro capitolo negativo: le banche italiane, imbottite di titoli di stato, davanti all’aumento dello spread e alla conseguente riduzione del valore dei Btp nei loro bilanci, riducono prestiti e mutui e aumentano i tassi d’interesse. Così le nostre aziende, la spina dorsale dell’economia italiana, all’80% piccole e medie imprese con poca liquidità, hanno sempre meno ossigeno a disposizione anche per migliorare la produttività e fare innovazione. Se a questo aggiungiamo che chi lavora per lo Stato e gli Enti locali i soldi li vede col lumicino, ce n’è abbastanza per mettere in ginocchio chiunque.

Viva il mercato interno

E allora? Bisogna puntare sul mercato interno, aumentare il peso su questo piatto della bilancia. Bene, tutti d’accordo. Ma come? Intanto alzando le pensioni minime e offrendo un reddito di cittadinanza ai disoccupati in cerca di un nuovo lavoro. Sarà anche giusto sotto il profilo sociale, per carità. Ma dal punto di vista economico stimolare i consumi dal basso porta a magri risultati. Il mercato interno per crescere ha bisogno di consumi più importanti di quelli primari. Serve più liquidità in circolazione, lasciando più soldi in tasca a chi ha già uno stipendio per fare investimenti più corposi. E l’unico modo è agire sulla tassazione dei redditi da lavoro, riducendo il cuneo fiscale anche per le imprese. La flat tax per gli autonomi va in questa direzione, ma la platea è ancora molto limitata e quindi non basta.

Le palle al piede

E poi per alimentare il mercato interno bisogna creare nuovo lavoro. Occupazione stabile anche per sostenere il gettito e la spesa previdenziale. Non bastano però gli investimenti pubblici, limitati comunque dal mostruoso debito dello Stato (oltre 2.300 miliardi, al 131% del Pil). Servono soprattutto quelli privati. Ma con la burocrazia e la pressione fiscale che ci ritroviamo chi ha voglia di investire in Italia? Regole che cambiano in continuazione, riforme su riforme, adempimenti infiniti e tempi biblici per qualsiasi cosa.

Guardiamoci allo specchio

Quindi l’obiettivo di un quadro stabile, di una normativa efficace ed efficiente a tutti i livelli per rilanciare l’economia italiana, resta semplicemente un miraggio. Altro che meritocrazia, equità e sana competizione. In queste condizioni proliferano solo furbi, evasori, parassiti. E allora finiamola di dire che è tutta colpa dell’Europa che non ci lascia spendere qualche miliardo in più. Guardiamoci allo specchio: il problema siamo solo noi.

 

 

 

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Giovanni Volpi, giornalista professionista, è il direttore del Mio Giornale.net. Ha iniziato al Sole-24 Ore nel 1993. Dieci anni dopo è passato in Mondadori, a Tv Sorrisi e Canzoni, dove ha ricoperto anche il ruolo di vicedirettore. Ha diretto Guida Tv, TelePiù e 2Tv; sempre in Mondadori è stato vicedirettore di Grazia. Ha collaborato con il Gruppo Espresso come consulente editoriale e giornalistico dei quotidiani locali Finegil.

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